La pedagogia si avvale di elementi basici nello studio dell’età evolutiva,
tra questi, l’osservazione e la “ricerca sul campo”. In tempi di progresso
informatico e tecnologico su devices questo binomio si sposta nelle piattaforme
social e audio: l’intera società naviga a vista tra “finestre” informative.
Ho sempre divulgato il mio background sulle bacheche in modo garbato e
professionale ma, incrociare la disabilità visiva ha significato per me
imparare il concetto di accessibilità nei contenuti grafici caricati.
Nonostante il nome, i social network mostrano “segni” di asetticità, di
“freddezza” informativa, la carenza descrittiva dipendente da algoritmi astrusi
preclude l’accesso alla comprensione di foto/video, peggio su foto con
didascalia interna. La mia pedagogia digitale è diventata inclusiva, ogni
contenuto grafico include un incipit testuale con dovizia di dettagli, perché
ricordiamolo, per percepire il globale il non vedente deve partire dal
dettaglio minimale, per i vedenti vale il contrario. Dal monitor del pc al
display su smartphone il passo è stato breve: ciò che nei social descrivo
testuale, su WhatsApp lo rendo inclusivo semplicemente con i miei occhi e la
voce, una timbrica sarda marcata che spesso è simpatico “bersaglio” di battute
dei non vedenti. Si può fare una sana e utile
pedagogia anche attraverso uno smartphone Android (o iOS Apple su iphone), i
non vedenti col loro udito affinato colgono tutte le sfumature e discriminano
le persone ascoltando, una voce non si può nascondere, è parte di noi. Un
pomeriggio cagliaritano del 2019 attivo su WhatsApp (che è la pronuncia
dell’inglese What’s up, cioè che cosa succede?) un progetto pedagogico
“tascabile” chiamato “Occhio alla Voce”. Il nome tratto da una scrematura di 8 è un’espressione indicante attenzione
alla voce unita allo sguardo sul mondo; lo definisco “tascabile” perché svolto
da smartphone e a prescindere da ciò, la sua valenza e le nobili finalità hanno
portata immensa. Un progetto a mia “impronta” di cui vado molto fiera, l’interscambio
quotidiano con iscritti/e non vedenti in questi tre anni mi ha permesso di
apprendere molte cose tra cui il confronto tra le applicazioni di lettura
grafica (Seeing Ai, Eye-D Vision, Lookout, Esplora Risorse) e l’occhio umano.
Per quanto il progresso digitale proceda spedito, queste applicazioni create da
persone difettano del dettaglio rimanendo in superficie rispetto allo sfondo,
spesso “leggono” cose che non ci sono e la sintesi vocale difetta della
variabile emozionale della voce del descrittore. L’occhio umano vince infinite
volte perché, in simultanea, di un ambiente coglie la globalità per poi
scendere al dettaglio, ed è ciò che i non vedenti vogliono. Oltre ai contenuti
grafici tra foto/video, ogni uscita per la città diventa l’occasione per “tradurre”
un ambiente e/o persone, come? Bloccare il microfono e parlare, molto
semplicemente, il “materiale” della realtà è già “pronto” per renderlo
inclusivo e comprensibile. I non vedenti dai rumori possono intuire la sorgente
ma non l’immagine, anche il caos va descritto, perché può generare timore. Nelle piattaforme cerco di sensibilizzare i vedenti a rendere inclusive le
loro pubblicazioni, la società logicamente è visiva ma, per una minoranza
bisogna imparare a integrare in modo accessibile. Basta veramente poco,
caricare una foto o un video e descriverlo nel post introduttivo e/o attivare
un microfono e parlare. Scardiniamo il visivo imperante della società, doniamo occhi e voce ai non
vedenti e facciamo dei social un posto meno asettico e più inclusivo. Impariamo
tutti a “contornare” la realtà, non ragioniamo solo da vedenti, andiamo oltre
l’apparenza. * *Reportage a tema libero redatto come esercitazione per il corso di giornalismo e giudicato interessante dal docente con la votazione di 27/30. Dott.ssa Silvia Ferrari -Pedagogista digitale -Adm Founder Audiodescrittore per non vedenti su "Occhio alla Voce" -Autrice -Webmaster/blogger, editor supervisore redazionale -Podcaster -Youtuber |